Prezzi in calo e vendite in crescita per il Barolo – 15 milioni di bottiglie all’anno. Il vino partito dalle tavole più umili per arrivare a quelle dei Savoia ha anche un museo che ne racconta la storia: WiMu
Osservatorio dell’Unione Italiana Vini: il Barolo tra i primi
Lo scorso anno è stata un’annata d’oro per il vino italiano, l’Osservatorio dell’Unione Italiana Vini ha stimato che le cifre dell’export superano i sette miliardi. Nel 2021 sono state immesse sul mercato 15,8 milioni di bottiglie di Barolo, vino che ha visto una crescita del 20% rispetto all’anno precedente. Il re delle Langhe piemontesi, caratterizzato dalle note robuste e vellutate, è da sempre un ottimo compagno delle grandi cene delle feste. Perfetto abbinamento per i secondi di carne o primi a base di tartufo, ma anche con un arrosto di seitan. Un vino con una lunga storia che è pronto a rinnovarsi con nuovi accostamenti.
Barolo: storia ed evoluzione, dal popolo all’aristocrazia
Il Barolo era un vino dolce. Non vi era equilibrio di zuccheri durante la vinificazione. Non si conosceva ancora l’importanza dei dettagli: acidità, secchezza, sapori, struttura. Fatto da uve 100% Nebbiolo, inizia a comparire come lo conosciamo attorno alla metà del Diciannovesimo secolo. In poco tempo suscita l’interesse di personaggi noti. Il pioniere della raccolta di uve secche Nebbiolo e del processo di vinificazione è il generale ed enologo italiano Paolo Francesco Staglieno. Intorno al 1830 prova la prima produzione di vino Barolo. Nuovi metodi di selezione dei raspi d’uva e le tecniche di macerazione. Utilizzava il metodo Gervais, basato sull’eliminazione dell’eccesso di acido carbonico e biossido di carbonio.
Paolo Francesco Staglieno: le sperimentazioni sul Barolo
Staglieno fu chiamato a lavorare le vigne di Casa Savoia e di Camillo Benso Conte di Cavour. Entrambi possedevano tenute nelle Langhe e sostenevano le innovazioni messe in pratica in quegli anni per la produzione del Barolo. Grazie all’intervento di Staglieno, il modo di produrre vini secchi, equilibrati, complessi e destinati all’esportazione venne definito ‘Metodo Staglieno’.
Ha contribuito all’espansione del Barolo anche Juliette Colbert, nobile francese che sposò il marchese Tancredi Falletti di Barolo. Discendente da una famiglia di vinificatori francesi, utilizzando il metodo Staglieno, perfezionò e diffuse il Barolo nelle maggiori corti d’Europa.
WiMu, il museo del vino a Barolo, percorso espositivo multimediale
In provincia di Cuneo, tra le sale e i sotterranei di un castello medievale, si racconta la storia del Barolo. WiMu è un museo che fa capo alla Barolo and Castles Foundation. Nata nel 2011, la fondazione si impegna nella gestione, nella manutenzione e nella valorizzazione di quattro castelli storici. Sono il Castello Falletti, il Castello di Serralunga d’Alba, il Castello di Roddi e il Castello di Magliano Alfieri. Gestisce poi altri palazzi delle Langhe e del Roero. WiMu si trova nel castello Falletti. Prima di diventare un museo, il castello è stato scuola e collegio, dalla fine dell’ottocento agli anni Cinquanta del Novecento. È stato poi acquisito dal Comune di Barolo nel 1970 grazie a una sottoscrizione pubblica, diventando castello comunale. Il progetto di trasformarlo in un museo nasce nel settembre 2010.
«Raccontiamo il Barolo, a partire dalle sue origini contadine», spiega la curatrice Sara Abbadessa. «Spazio anche allo studio prima teorico e poi pratico degli enologi, come Paolo Francesco Staglieno e Louis Oudart. L’idea è di esporre qualcosa di differente rispetto ad attrezzi, botti, alambicchi già esistenti in altri musei piemontesi. Il comune ha voluto creare un museo multimediale, cercando di intrattenere l’osservatore attraverso video e percorsi interattivi».
L’allestimento multimediale di WiMu dell’architetto François Confino
Per allestire il museo è stato chiamato l’architetto François Confino. Nato nel 1945 a Ginevra, si laurea in architettura e insegna per un periodo alla Columbia University di New York. Inizia la sua carriera allestendo Archeologia di una città, mostra inaugurale del Centre Pompidou di Parigi. Il suo concetto di architettura è basato sulla multimedialità. Tra i progetti a cui ha preso parte ci sono l’Expo di Siviglia del 1992 e il Museo Toyota a Tokyo, il Museo di storia naturale di Los Angeles e il Memoriale della schiavitù a Guadalupe. Arriva ad allestire anche il Museo delle Scienze di Suzhou, vicino Shangai. Il lavoro è particolare: la mostra non ospita nessuna collezione. Tutto si concentra sulla scenografia e sul ruolo dell’immaginazione delle scoperte scientifiche.
Il museo nel castello Falletti è allestito su tre piani più un sotterraneo
«Il percorso è discendente. Si parte dalla terrazza panoramica del terzo piano, dalla quale si apre una vista sul territorio. Questo piano è dedicato a tutti gli elementi che fanno sì che il vino nasca. Il sole, la luna, il terroir, l’acqua. Scendendo al secondo piano, un affresco lungo due sale racconta la storia del vino, dal neolitico al Novecento. In questo piano ci sono anche delle salette dedicate all’influenza del vino nelle arti. Storie di pittori, musicisti, fotografi, registi. Di come sono stati inspirati dal vino per creare quadri, canzoni, reportage o film. Il primo piano, in stile ottocentesco, è il piano Nobile. È chiamato così per i suoi arredi, ancora originari dei marchesi Falletti, gli antichi proprietari».
La famiglia Falletti, banchieri – proprietà sul territorio piemontese
«Racconta la storia della famiglia Falletti, banchieri di stirpe, e delle loro proprietà sparse per gran parte del territorio piemontese. Una delle stanze più suggestive è quella di Silvio Pellico, scrittore piemontese, che lavorava come segretario e bibliotecario per i marchesi. Nel museo si è deciso di rispettare il vino moderno facendolo coesistere con gli elementi del passato. Si sottolineano le differenti tradizioni e i cambiamenti apportati nel corso dei secoli. Si analizza come la visione del vino fosse differente rispetto a quella moderna. Non solo nella produzione, ma anche nella consumazione».
Il riciclo del sughero nei sotterranei del WiMu
Nei sotterranei del WiMu, una mostra ispirata alla coesistenza tra passato e presente. Si chiama SUG_HERO – Metaforme – Le mille vite di uno straordinario dono della natura, il sughero. Il progetto è nato grazie alla collaborazione tra diversi soggetti. Vi hanno partecipato la Barolo and Castles Foundation del Comune di Barolo, l’Enoteca regionale di Barolo e WiMu. L’esposizione è focalizzata sull’utilizzo del sughero. In tutti i suoi passaggi: dalla decortica (la raccolta del sughero dalla pianta), al riutilizzo nell’ambito del design di lusso. Questa iniziativa è promossa dall’azienda Amorim Cork Italia. Leader del settore delle vendite di chiusure in sughero ha sviluppato iniziative ecosostenibili sul riutilizzo dei tappi di sughero usati.
ETICO – tra i progetti di Amorim Cork
L’azienda ricicla i tappi in due impianti di riciclaggio, uno in Veneto e uno in Piemonte. Viene creata una granina di sughero che, unita a collanti naturali, dà vita a un nuovo materiale: il Core. Completamente naturale, malleabile, estetico e privo di scarti. La raccolta dei tappi è sostenuta da 45 Onlus sparse su tutto il territorio nazionale. Sfruttano i fondi ricevuti da Amorim – circa settecento euro ogni tonnellata – per il sostegno delle proprie iniziative. Ognuna è diversa: ricerca, malattie del sangue, volontariato ai bisognosi.
«Anche nei sotterranei dove è esposta SUG_HERO, oltre agli oggetti in sé, c’è forte presenza della vena multimediale. Video e spiegazioni raccontano la nascita e lo sviluppo di Amorim Cork e del progetto ETICO. Arrivano fino al termine del percorso di economia circolare. La granina di sughero è trasformata in un qualcosa di differente. Così continuerà a esistere, sotto altra forma», spiega Abbadessa.
Jari Franceschetto, architetto laureato all’I-U-A-V di Venezia e fondatore dello studio AJF/Design
Il progetto con cui si dà vita a questi oggetti è chiamato Suber. Tutto è focalizzato nel creare oggetti di design ecosostenibili. L’idea è il punto di unione tra il riciclo dei tappi di sughero e il loro riutilizzo in un ambito che non sia la chiusura del vino. Anche perché, per legge, sarebbe impossibile. Il tappo di sughero, una volta usato e buttato, diventa un rifiuto non riutilizzabile nel settore alimentare. Il direttore artistico è Jari Franceschetto, architetto laureato all’I-U-A-V di Venezia e fondatore dello studio AJF/Design.
Barolo and Castles Foundation
Fondazione nata nel 2011 che gestisce la manutenzione e la valorizzazione dei quattro castelli e di altri palazzi storici delle Langhe e del Roero.
WiMu
museo del vino a Barolo nel Castello Falletti di Barolo, Piazza Falletti, 1 Barolo. Aperto al pubblico tutti i giorni, il museo è un omaggio a tutti i vini del mondo, oltre a quello d’eccellenza del territorio.