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Tante donne alle scuole di fotografia, ancora poche nelle mostre

Il tema della Biennale della Fotografia Femminile di Mantova è Legacy – «una sequenza dilatata nel tempo: ciò con cui nasco e come lo vivo, e come lo trasformo o come lo sto usando per creare qualcosa che mi lascerò alle spalle»

Anna Volpi racconta a Lampoon la Biennale della Fotografia Femminile di Mantova

«Nel 2018 io e Chiara Maretti, vicepresidentessa dell’associazione della Biennale della Fotografia Femminile abbiamo condotto una ricerca sulle mostre fotografiche allestite finora. Abbiamo evinto come fossero per lo più dedicate a fotografi uomini. Ci siamo imbattute in dati, articoli e numeri che attestavano la presenza di una disparità nel mondo del fotogiornalismo, nelle riviste, negli editoriali, nelle gallerie». Anna Volpi, presidentessa, racconta come è nata la Biennale, che ha debuttato quest’anno, dopo che la prima rassegna – prevista per marzo 2020 – è stata riprogrammata tra luglio e novembre a causa della pandemia.

«Abbiamo raccolto e studiato questi dati, e  poi notato che nelle scuole di fotografia nazionali più della metà degli studenti sono di sesso femminile. Se ci sono donne fotografe, dove sono le loro foto? Abbiamo scoperto dell’esistenza di realtà come Women Photograph, un’associazione non-profit lanciata nel 2017 per elevare le voci delle donne e di fotogiornalisti non-binary, con un database privato che include più di 1.300 fotografe indipendenti con sede in più di cento paesi e disponibile privatamente per qualsiasi editore o organizzazione commissionante, dedicato a portare alla luce la questione. Abbiamo pensato a cosa potessimo fare noi: così è nata la Biennale».

Ci sono state altre mostre sulla fotografia femminile nel nord Italia, ma non esisteva un evento ripetitivo dedicato a questo tema «eccetto per Les Femmes S’Exposent a Houlgate, in Normandia, ma non è grande come la Biennale». L’offerta culturale della città di Mantova nell’ambito dei beni culturali e delle arti visive è viva: «Abbiamo scelto Mantova perché è la città dove siamo cresciute e che ha accolto il nostro progetto. Grazie alla Biennale, Mantova ha un ritorno turistico: persone da Palermo, da Cagliari, dalla Svizzera, dall’Austria e da tutta Italia sono venute appositamente per visitarci. Abbiamo potuto utilizzare I Tinelli di Palazzo Te, Casa del Mantegna, Casa del Pittore, Casa del Rigoletto, Galleria Disegno, Spazio Arrivabene2 e l’ex chiesa Madonna della Vittoria. I Tinelli fanno parte di Fondazione Te, mentre Casa del Pittore, Galleria Disegno e Spazio Arrivabene2 sono gallerie private».

La scelta delle fotografie che espongono nel circuito principale della Biennale della Fotografia Femminile di Mantova

«Partiamo da un tema – Legacy quest’anno – e ci nutriamo di quello che succede nel mondo dell’arte per restare aggiornate: in seguito ognuna del team fa una proposta e mettiamo tutto insieme. Quest’anno siamo partite da circa un’ottantina di artiste per poi selezionarne solo dodici. Betty Colombo – le cui immagini sono state acquistate dal Centre Pompidou, dal Guggenheim e dal Museo d’arte moderna di Stoccolma – si è proposta da sola. in genere siamo noi a contattare le fotografe e domandare loro se vogliono fare parte del progetto. Questa edizione ha visto partecipanti da quindici paesi di quattro continenti. Il Sud America è un paese attivo, le artiste sono aperte alla sperimentazione e a sostenere queste iniziative». 

Le partecipanti della edizione 2022 della Biennale della Fotografia Femminile di Mantova

Tami Aftab, Fatemeh Behboudi, Sarah Blesener, Betty Colombo, Solmaz Daryani, Delphine Diallo, Esther Ruth Mbabazi, Myriam Meloni, Ivy Njiokiktjien, Flavia Rossi, Daniella Zalcam e Lumina Collective sono le partecipanti di questa edizione. Sarah Blesener con Beckon Us From Home ha visitato dieci percorsi giovanili negli Stati Uniti dove ai ragazzi viene insegnato cosa significa essere americani, insieme a club patriottici e campi estivi militari in Russia.

L’obiettivo della serie è di mettere questi giovani e le loro vite al centro di un dialogo aperto sulle idee impresse alle generazioni future, esaminando come stanno rispondendo alla società contemporanea. Ilvy Njiokiktjien, fotografa olandese, nel progetto Born free esplora cosa significa vivere con l’eredità dell’apartheid in Sudafrica. Il progetto è durato dodici anni, dal 2007 al 2019, e si concentra sulla prima generazione ‘libera’, quella nata dopo il 1994, con il suo primo presidente nero, Nelson Mandela, e una costituzione che garantisce gli stessi diritti a tutti i cittadini. Attraverso la vita quotidiana di questi giovani adulti, Njiokiktjien ci mostra un paese rinnovato, ma solo in superficie.

Biennale della Fotografia Femminile di Mantova: le artiste

«Cosa stiamo lasciando, a livello fotografico? Fotografi e fotografe di tutto il mondo si sono trovati a ripensare il proprio operato, le proprie missioni. Legacy in inglese ha un significato ampio, si riferisce a una sequenza dilatata nel tempo: ciò con cui nasco e come lo vivo, e come lo trasformo o come lo sto usando per creare qualcosa che mi lascerò alle spalle. Processi, trasformazioni, cambiamenti. Tre dei progetti in mostra, quello di Ilvy Njiokiktjien, quello di Sarah Blesener e quello di Esther Ruth Mbabazi, parlano di nuove generazioni: quella dell’apartheid, che è nata con un’eredità e sta cercando di cambiare; quelle della Russia e degli Stati Uniti, dove patriottismo e militarismo animano percorsi rivolti ai giovani; e quella africana, con una documentazione attuale dei cambiamenti demografici nel continente più giovane del mondo, visto che il 60% della popolazione africana ha meno di 25 anni».

«C’è  poi il tema dell’eredità rispetto alla condizione climatica. The Eyes of Earth di Solmaz Daryani racconta una storia profondamente personale sul disastro ambientale del lago Urmia, in Iran, visto attraverso gli occhi della fotografa e una serie di interviste alle generazioni più anziane».

Si vuole colmare una lacuna nel panorama attuale creando un luogo dove esporre una selezione della autorialità femminile nella fotografia. «Negli anni Novanta dopo lelotte per i diritti al divorzio e all’aborto c’è stato forse un po’ di stallo. Oggi abbiamo capito che i diritti che abbiamo ottenuto in molti paesi non sono sufficienti. Come fotografa sono stereotipata ed emarginata in quanto donna e madre. Mi viene in mente Women’s Right To Pleasure di Erica Jong. Un libro di arte erotica fatta da sole artiste – è necessario un risveglio dell’essere femminile, non solo su carta. Vorrei attualizzare progetti in collegamento con realtà di altri paesi: collettivi di donne, gallerie, o qualsiasi realtà che promuova il lavoro femminile. Sarebbe bello, inoltre, poter fare un lavoro didattico, creare programmi per gli studenti: l’educazione alla lettura e all’immagine manca nelle scuole».

Anna Volpi 

Nasce a Miami nel 1981. Si trasferisce a Mantova nel 2007. Qui inizia a collaborare con altri fotografi e studi, diventando fotografa freelance. Dal 2018 è presidentessa della Biennale della Fotografia Femminile.

Francesca Fontanesi

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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