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Vaso in pasta vitrea rossa e coppa in pasta vitrea gialla e rossa, 1930, ph. Enrico Fiorese
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Bellezza fragile: il vetro corre ogni giorno il pericolo dell’epilogo

Pur nella gracilità, il vetro è fondativo di una memoria, permane nell’eredità storica e intellettuale delle famiglie e nei desiderata dei collezionisti, amatoriali o atletici investitori

Si guasta, si frantuma

Forse per questo anche la parola che lo definisce, vetro, non è gratificata da una fonetica felice, come se nascondesse una lieve sofferenza. Accetta quel termine, design, che abbraccia i mondi sempre più irrequieti della produzione contemporanea e si ferma, quando merita, per essere arte. L’architetto Adolf Loos, esponente della cultura estetica viennese dei primi del Novecento, ha sostenuto che l’elettricità esiste e, a suo «dispetto», le candele siano rimaste. È indubbio che oggi il vetro possa essere sostituito da altri materiali, ma la fortuna di vivere l’oggi sta nel confrontarci con ieri anche molto lontani e riviverli a nostro modo, nel nostro tempo. Perché rinunciare alla bellezza fragile? Pur nella gracilità, il vetro è fondativo di una memoria, permane nell’eredità storica e intellettuale delle famiglie e nei desiderata dei collezionisti, quelli amatoriali, con il senso di amare, come i più atletici investitori.

È un dono, insieme a pochi altri oggetti che ancora cercano di fermare l’attimo di un traguardo per celebrarlo. Le perle, una penna, un foulard di seta, una coppia di gemelli. La ricerca di pezzi rari è più che mai viva, le aste frequentate – complice è il digitale, che permette di raggiungere occasioni che prima non lo erano. Le boutique conoscono il silenzio, perché chi ha la grazia di emozionarsi difficilmente conversa, ma non sono mai deserte.

La storia del vetro trova il suo primo capitolo in Mesopotamia nel terzo millennio

Si dà per certo che la storia del vetro trovi il suo primo capitolo in Mesopotamia nel terzo millennio, e ciò non è del tutto sbagliato, perché qui ha inizio la maestria dell’artigianato che nel tempo si è espansa con grammatiche differenti – per offrire qualche esempio, a Venezia, a Vienna, in Finlandia. È onesto aggiungere che il vetro si trova prima di tutto in natura, quando la sabbia di quarzo si fonde al crescere della temperatura e, per gradi più o meno aggressivi, al suo scendere si forma. È liquido solidificato – a suo modo il ghiaccio potrebbe rappresentare un suo opposto.

La scienza, con l’intento di non scomodarla più, spiega che in tale processo sia esclusa la cristallizzazione, ragione per la quale il vetro è un materiale definito amorfo – ovvero di struttura disordinata, rigida, ma erosa da interstizi che determinano l’incontro con ‘l’altro’, l’impurità. Non si cerchi il rispetto dell’etichetta nella pratica del creare, la visione ha la prospettiva della sperimentazione. Questo perché ogni oggetto è ripetibile eppure è sempre diverso. Non potremo mai aspettarci pezzi identici: per taluni potrà essere nevrotizzante, per altri è una ricchezza poiché permette a un unico concetto infinite seppur minime declinazioni.

La tradizione e la continuità di Venezia nell’arte del vetro e dei maestri soffiatori di Murano

I Fazzoletti Opalini disegnati da Fulvio Bianconi nel 1948 per Venini non potrebbero essere uguali l’uno all’altro: come pensare di spiegazzare un tessuto allo stesso modo? Venini, come Salviati e Carlo Moretti, rappresentano tutt’ora la tradizione e la continuità di Venezia nell’arte del vetro e dei maestri soffiatori di Murano. La loro storia ha ispirato molti: Gio’ Ponti, Ettore Sottsass, Gae Aulenti, Mario Bellini, Matteo Thun, tutti, in vicende alterne di appartenenza professionale milanese, hanno solcato le acque per raggiungere le fornaci; ognuno di loro ha disegnato e disegna case signorili, gli appartamenti delle famiglie che applicano il buon gusto come una teoria.

Emiliano Salci e Britt Moran di Dimorestudio stanno proponendo in vetro quinte che hanno sempre fatto felicemente parte del loro vocabolario espressivo. Si aggiungono altri maestri, Tapio Wirkkala, riferimento primo della scuola vetraia finlandese, o Tadao Ando che ha riportato, anche nel vetro, i significati che costituiscono il suo minimalismo linguistico. Sappiamo che il vetro non racconta il suo sé solo con il vaso, lo fa con la decorazione – Frank Lloyd Wright ha macchiato la sua Cappella in Florida –, o con l’esaltazione della trasparenza, di cui la Glass Hause di Philip Johnon è manifesto. Ci intrattengono appesi ai soffitti e alle pareti i lampadari preziosi, esiti di lavorazioni e pensieri che cercano il sublime, richiamano l’attenzione. Enfatici o manierati.

Carlo Scarpa direttore artistico di Venini

Concentrati nell’osservare, se la fortuna ci è amica, capita che un bicchiere venga offerto da una mano guantata. Il vetro infatti non è che uno dei tanti elementi che fanno dell’ospitare una prova di appartenenza. Carlo Scarpa, che di Venini è stato anche direttore artistico, nel 1932 compone una famiglia di bicchieri dal profilo esagonale sottilissimo e dal bordo smaltato. Concepiti in color paglierino e in color cristallo, sono emblema di una visione precisa del bere che trova il suo centro nel bicchiere da champagne, stretto e alto ma senza stelo. Una forma understated eppure complessa per il vino.

Molti di questi primi bicchieri hanno superato l’accidentale e fanno ancora parte di meravigliosi salotti. Del maestro sappiamo che parte dei suoi pezzi sono oramai introvabili e che la sua ricerca ha toccato le più differenti forme, dai laccati alle murrine, dai battuti a nido d’ape ai sommersi in foglia d’oro. Conservando la V iniziale, anche la ricerca a Vienna nella prima metà del Novecento, nelle sue varie rivelazioni, ha concorso a reintrodurre la narrazione che la contemplazione del vetro porta in sé anche nell’uso. Josef Hoffmann, affiancato da Josef Lobmeyer e Stefan Rath, è uno dei maggiori rappresentanti.

Le Stanze del Vetro

Anche la moda contemporanea ne trae referenza: Arthur Arbesser, designer viennese come l’architetto, ha trovato nella sua opera una poetica affine tradotta in abiti grafici e geometrie nette. Le Stanze del Vetro, l’iniziativa congiunta di Fondazione Giorgio Cini e Pentagram Stiftung presso l’Isola di San Giorgio, presieduta da Luca Massimo Barbero, si propone di promuovere lo studio e la valorizzazione dell’arte vetraria nel Novecento e contemporanea; questo progetto non può che confermare quanto l’interesse sia ampio e l’appoggio internazionale.

Hanno raggiunto Venezia architetti, designer, artisti animati dal sentimento di attrazione che il confronto con il vetro desta; forse nessuno immagina quanto questo esercizio di stile sia tanto sfidante e quanto, come pochi, onori la maestria artigianale senza la quale è impossibile ogni realizzazione.

Questa storia ci racconta quanto questo materiale ci avvolga, soprattutto quanto le arti siano intrecciate; il nostro ghiaccio potrà abbandonarsi a un bicchiere, e se qualcosa andrà storto, altra meraviglia lo sostituirà.

Carlotta Tonon

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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