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Le aziende della Brianza, il Bar Basso, le mostre in Fondazione: l’italianità di Milano

Studiolabo – il fondatore Paolo Casati riflette sul concetto di district, sul futuro della piattaforma lanciata quasi 20 anni fa e su Milano capitale del design

Settimana del Fuorisalone di Milano, 2003. Su Internet compare un sito con una mappa interattiva che permette agli utenti di controllare gli eventi in tutta la città: www.fuorisalone.it. Un’idea semplice con le tecnologie di oggi. Ai tempi quasi rivoluzionaria: Google Maps sarebbe nato due anni dopo. Il sito, arrivato prima che Internet si popolasse di indirizzi e domini, si posiziona così bene che da quasi vent’anni è ormai il primo a comparire in pagina se si digita ‘Fuorisalone’. C’è addirittura chi pensa che sia un’organizzazione istituzionale della Design Week. Non lo è. Dietro c’è il team di Studiolabo, agenzia di comunicazione specializzata in design. Fondata a inizio anni 2000 da due ragazzi usciti da poco dal Politecnico di Milano, Paolo Casati e Cristian Confalonieri.

Fuorisalone, Brera Design District – Lampoon intervista Paolo Casati di Studiolabo

Fuorisalone.it nasce come laboratorio di sintesi proprio al Politecnico. Agli studenti viene chiesto di lavorare a una sorta di ‘libro bianco’ del Museo del Design di Milano. Casati e Confalonieri pensavano che il design, per natura, non dovesse stare in un museo. «Non cercavamo una sedia, un tavolo. Per noi il design era sinonimo di Fuorisalone. Qualcosa di pop, un insieme di esperienza e relazione. Nel 2000 l’evento era promosso dalle riviste di settore in maniera commerciale, non esisteva uno strumento per il pubblico», racconta Casati. Il progetto diventa una tesi di laurea, che poi si trasforma nella prima versione della piattaforma per device mobili, «tutta fatta in casa». Casati e Confalonieri fondano intanto Studiolabo. Nel 2004 li chiamano gli organizzatori degli eventi Fuorisalone in Zona Tortona. Chiedono di curare la comunicazione di quello che sarebbe diventato il primo ‘district’ del design milanese. I due ragazzi pensano a una nuova funzionalità. Mandando un’immagine via MMS a un numero di cellulare, la mappa riempie i luoghi segnati di immagini. Un altro progetto comune, se visto oggi. Basta pensare a Instagram. Che però è stato lanciato nel 2010. 

Da Zona Tortona a Brera Design District

«Per Tortona non abbiamo fatto altro che prendere come modello l’esempio di SoHo a New York. Si trova il valore di una zona – Tortona non è un quartiere – e lo si promuove. Entra in gioco l’immobiliare: innesti un contenuto in un posto, il suo valore si alza. Per Milano è il design», dice Casati. Dopo l’esperienza in zona Tortona, Studiolabo lavora su altre aree: Porta Romana, Mecenate, di nuovo Tortona. Poi Isola, dove «non è nato nessun progetto. È un quartiere con troppe identità, mancava un contenuto». Tra il 2009 e il 2010 l’agenzia entra in contatto con l’Associazione commercianti di via Solferino, che chiede di curare la comunicazione del quartiere di Brera. «Dalla prima mappatura abbiamo visto che c’erano circa 70 showroom permanenti. Brera era già un design district. Non abbiamo fatto altro che marketing territoriale. Brera è il luogo con la maggior concentrazione di design al mondo, per area geografica e per qualità. Era un elemento che andava portato a galla. Oggi gli showroom sono più che raddoppiati. Se un’azienda ne vuole aprire uno nuovo, in Italia e a Milano, cerca di farlo a Brera. La richiesta è più alta dell’offerta»

Brera Design District

Negli anni il lavoro di Studiolabo su Brera si allarga. «Abbiamo creato tutta una serie di servizi a supporto del district. Prima Brera Location, uno spazio per portare espositori temporanei e non spingere solo su showroom permanenti. Poi Brera Design Apartment. Volevamo estendere il concetto della Design Week a tutto l’anno. Creare un luogo solo per le aziende e i professionisti del design. Un posto che fosse ‘casa’. Quando eravamo piccoli i nostri genitori invitavano gli amici a casa, erano orgogliosi di mostrarla. Il senso è un po’ quello, l’appartamento ha una cucina ed è arredato come se fosse una casa. Divani, sedie, tavolini, lampade». Con Brera Design Experience, al via nel 2019, il lavoro di Studiolabo sul district stava procedendo oltre il design. Ristorazione, l’hôtellerie, servizi, comunicazione turistica. L’intento era creare un itinerario da seguire all’interno della zona. «Poi è arrivato il Covid e il progetto è stato un po’ congelato. Ha ancora senso andare avanti? Stiamo valutando», dice Casati. 

Il successo di Brera Design District ha aperto la stagione dei district milanesi durante i vari Fuorisalone. L’esperimento di marketing territoriale di Studiolabo ha funzionato, ma per Casati «non vuol dire che possa andare bene ovunque». Il progetto si è basato su tre elementi. Un luogo, Brera, con un forte elemento connotante, il design. E una formula, quella del distretto: «un’area geografica perimetrata dove trovi la rappresentazione del contenuto». Se manca un contenuto, è inutile definire come ‘district’ altre zone. «Anche Montenapoleone ha voluto farsi district, ma non penso ne avesse bisogno. È un nome già riconosciuto, fa tutto da sé. Poi lo è diventato anche Durini, che però non è un vero distretto, ma un’unica via. E poi lì gli showroom hanno iniziato ad aprire con il tempo. Per il design non ha una storia radicata come in Brera. L’etichetta non è un valore in ogni situazione»

Elemento connotante di Milano, da sempre, oltre al design, è la moda. Perché non esiste un suo district? «La moda non ha un distretto perché, nei fatti, non esiste in forma fisica. Nel senso: la moda in città è ovunque, tra showroom e sfilate. Se la si intende in senso commerciale, ci sono invece già Montenapoleone e via della Spiga. Forse per gli showroom un luogo simile potrebbe essere Tortona, dove storicamente c’erano gli studi fotografici. Ma la moda per forza di cose non può stare chiusa in uno spazio perimetrato: sperimenta, esplora, scopre nuovi stimoli», riflette Casati. 

Fuorisalone.it e Milano Design Week

Mentre Brera Design District continuava a crescere, lo stesso faceva Fuorisalone.it. Fino alla pandemia, che ha portato Studiolabo a ripensare la sua piattaforma. «Nel 2019 i numeri sono stati enormi. Poi è arrivato il Covid. Avevamo una conferenza stampa pronta per il 28 febbraio 2020. Tutto salta, il nostro progetto esplode. Abbiamo espanso il sito con altri servizi negli anni, ma il 70% del nostro fatturato viene dalla settimana del Fuorisalone. Ci siamo inventati il Fuorisalone digital. La guida all’evento diventava una design-guide. Il contenuto si spostava sul racconto delle aziende con cui lavoriamo dei loro prodotti. Adesso, oltre a mantenere la posizione per la settimana del Fuorisalone, la sfida è posizionarci sul mercato come piattaforma attiva tutto l’anno. L’obiettivo è comunicare quello che interessa alle aziende»

Per il futuro, Studiolabo guarda all’espansione di Fuorisalone.it oltre Milano. Casati: «Abbiamo puntato su Cina e Giappone. L’idea è di organizzare corsi, fiere e vendita di prodotti in Cina, oltre che portare designer cinesi in Italia. Sul Giappone puntiamo più a mostre e show. Anche qui, oltre a cercare di vendere i prodotti italiani in Giappone, vorremo portare i designer giapponesi qui da noi. In progetto anche la creazione del brand Fuorisalone, per creare i nostri prodotti lavorando con marchi e designer»

Fuorisalone 2022

Ogni anno Studiolabo sceglie un tema generale che gli espositori di Brera Design District devono poi declinare. Dal 2021 la stessa iniziativa è applicata al Fuorisalone in generale. Per l’edizione di quest’anno – dal 6 al 12 giugno – si è scelto “Tra Spazio e Tempo”. «Abbiamo riflettuto su quello che abbiamo spesso sentito negli ultimi mesi. Il concetto chiave è quello che ruota intorno alla sostenibilità: se non cambiamo modo di vivere, non ci sarà più tempo per il Pianeta e quindi per l’uomo. Allora abbiamo giocato così: che tempo dedichiamo al nostro spazio? Che spazio ha il nostro tempo?» spiega Casati. Dieci parole chiave per sviluppare il tema: qualità, fragilità, cultura, tecnica, esplorazione, condivisione, cura, tutela, esperienza e urgenza. 

Fuorisalone 2022, le novità

Sempre per il Fuorisalone di quest’anno, Studiolabo punta a recuperare la prospettiva alla base del progetto universitario dei suoi fondatori. Un evento inteso come esperienza, relazione, connettività. «L’utente, più che le aziende, sarà il nostro riferimento per le novità del 2022. Ci sarà una premiazione dove il pubblico sceglierà l’evento che giudica migliore a livello di esperienza ed emotività. È una memoria che evoca il ricordo di cosa è Fuorisalone», racconta Casati. Ci sarà poi una categoria premiata dai giornalisti, chiamati a scegliere cosa trovano più interessante. Un’altra, ancora da definire bene, dove «una giuria di altri mondi» indicherà cosa ha trovato di davvero «rappresentativo» tra gli eventi». 

Milano e il design

Grazie al Fuorisalone e al parallelo Salone del Mobile, Milano da anni si autopromuove come una delle capitali del design mondiale. Non solo comunicazione efficace, secondo Casati. «Milano è un palcoscenico per il settore industriale delle aziende della Brianza. Oggi è ancora un ‘place to be’ a livello europeo, anche per gli investitori. La sua fortuna è la piccola superficie. Perché Milano sì e Stoccolma no? Perché c’è il bar Basso, la Triennale, la mostra in Fondazione, i ristoranti con la cotoletta. Ti muovi in fretta, non è un luogo bello ma inaccessibile come Londra. È un posto famigliare, grazie a quartieri della vecchia Milano, proprio come Brera. Londra è troppo grande, Copenaghen sono quattro vie, Art Basel a Miami è bellissimo ma è solo per gli addetti ai lavori. La fortuna di Milano è la sua italianità». 

Paolo Casati 

Creative director e brand consultant. Si laurea alla Facoltà del Design del Politecnico di Milano con una tesi su Fuorisalone.it, matura un’esperienza nel campo del product e interior design per concentrarsi poi sul mondo della comunicazione visiva per il web, user experience, marketing territoriale, produzione eventi e direzione artistica.

Giacomo Cadeddu

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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