Cerca
Close this search box.
  • EDITORIAL TEAM
    STOCKLIST
    NEWSLETTER

    FAQ
    Q&A
    LAVORA CON NOI

    CONTATTI
    INFORMAZIONI LEGALI – PRIVACY POLICY 

    lampoon magazine dot com

Le-vigne-San-Salvatore Lampoon
TESTO
CRONACHE
TAG
SFOGLIA
Facebook
WhatsApp
Pinterest
LinkedIn
Email
twitter X

Cilento: economia circolare applicata al latte di bufala, sotto l’egida di Gillo Dorfles

Il riscatto del territorio: quando essere ignorati dagli investimenti delle realtà economiche di primo piano diventa un vantaggio – a Paestum spazi aperti e verdi, senza abusi edilizi

San Salvatore 1988 – una storia iniziata dal vino

Il latte di bufala e la mozzarella – sapori primordiali del Cilento – diventano una componente della produzione dell’azienda San Salvatore 1988 con l’allevamento che si compone di oltre 500 capi e che si sostiene attraverso un sistema di economia circolare. Ho visto un bufalo tra le vigne e ho bevuto un bicchiere di vino

Tutto è cominciato con il vino. Salvatore Pagano, padre di Giuseppe, produceva vino utilizzando le uve dei contadini della zona. Pagano ama raccontare di essere cresciuto lavorando l’uva. Da bambino, il mattino prima di andare a scuola e la sera, dopo aver visto Carosello, andava a girare dagli 80 ai 150 quintali di mosto. Le spalle larghe, sostiene, gli arrivano dal lavoro in cantina. Nel 2003, dopo un’esperienza nel Chianti da turista, Pagano torna nel Cilento «arrabbiato con me stesso e con la mia terra – rivela – perché le cose belle le facciamo fare sempre agli altri». Da lì la decisione di tornare al vino – che suo padre aveva abbandonato – non più come lavoratori di uve prodotte da altri, ma come viticoltore. Dopo un periodo di ricerca, Giuseppe Pagano è arrivato a trovare la ricetta per la produzione del suo vino.

Giuseppe Pagano, le origini di San Salvatore 1988

Giuseppe Pagano decise di creare una sua azienda agricola con coltivazione biologica, dando ai campi le attenzioni che vengono riservate nella biodinamica. La vigna fu piantata nel gennaio 2007 e nel 2009 ci fu la prima vendemmia. La considerazione successiva: per poter coltivare tenendo sotto controllo tutti i passaggi, era necessario che l’azienda stessa producesse il proprio humus. «Quale humus migliore a Paestum se non quello che ti può dare una bufala?», spiega Salvatore Pagano. «Da lì è nato tutto il progetto bufalino, che ad oggi ha completato la nostra filiera agricola. Con l’allevamento abbiamo avuto la possibilità di avere una linfa vitale, una liquidità, mentre aspettavamo che le vigne diventassero produttive. Le bufale hanno questa qualità: dal momento in cui iniziano a produrre latte, l’allevatore inizia ad avere un indotto economico». Per i primi anni l’azienda San Salvatore ha prodotto solo latte di bufala, ma dal 2016 ha iniziato anche la lavorazione grazie alla creazione del caseificio La dispensa. 

Biodigestore di San Salvatore 1988

Oltre all’impostazione di un tipo di coltivazione biologica e al ricorso a tecniche biodinamiche nelle vigne, nel 2014 è stato costruito un biodigestore. Il biogas – attraverso il letame delle bufale – è in grado di generare metano, che a sua volta viene impiegato per produrre energia elettrica. Ne La Dispensa sono venduti i prodotti dell’azienda agricola. «Oltre al vino, produciamo anche l’olio – continua Pagano –, le confetture e le mozzarelle di bufala. Da qualche tempo abbiamo iniziato a creare lo yogurt di bufala, che ci ha posizionati su un target diverso. Siamo stati i primi a produrlo, e siamo riusciti a portarlo a Hong Kong, non solo negli alberghi più di Capri e della Costiera Amalfitana». 

Il settore vinicolo dell’azienda attualmente esporta il 35% delle bottiglie prodotte, mentre quello bufalino per il momento non supera il 15%. «Un prodotto come lo yogurt può trovare spazio per l’export – spiega Pagano – dal momento che ha una capacità di conservazione superiore a quella della mozzarella di bufala». Ogni giorno la produzione di mozzarelle di bufala ammonta a 4 quintali. All’anno vengono prodotte 300 mila bottiglie di vino e per il momento, anche se non esistono numeri precisi, la San Salvatore è in grado di produrre anche 500mila confezioni di yogurt all’anno. Il fatturato della sola azienda agricola è di sei milioni di euro.

Gillo Dorfles a San Salvatore

Ospite dell’azienda San Salvatore è stato Gillo Dorfles: intellettuale e artista che ammira le vigne cilentane, ha regalato all’azienda delle etichette disegnate per i vini riserva prodotti da Giuseppe Pagano e dalla sua famiglia. L’Aglianico riserva porta il suo nome: Omaggio a Gillo Dorfles. «È arrivato a Paestum da noi nel 2005», racconta Salvatore Pagano. «Paestum per Dorfles rappresentava un luogo di ispirazione per disegnare sulla ceramica. Questo era l’unico posto in cui lo faceva. In questi viaggi ha avuto l’occasione di conoscere mio padre. Gillo Dorfles era aggiornato su tutto. A più di cento anni, da solo, scendeva in treno da Milano a Salerno. Lì lo venivano a prendere e veniva qui in albergo. Con mio padre parlavano della bellezza del territorio, della bontà vino. Ha chiesto di poter visitare l’azienda vinicola e quando arrivarono nella collina di Paestum si emozionò. Quella vista gli ricordava quando era giovane e passava il tempo nella vigna di famiglia. Gli sembrava di essere tornato a casa». 

La famiglia Pagano

L’azienda San Salvatore 1988 appartiene alla famiglia Pagano, che oggi si compone di sei membri. A Giuseppe Pagano si deve la sua fondazione, nel 1991 con la creazione del primo albergo, l’Esplanade Hotel a Paestum, oggi gestito dalla moglie Giusy e dalla figlia Andrea. Nel 2003 la visita in Toscana che cambierà la prospettiva imprenditoriale della famiglia, facendo nascere in Giuseppe Pagano il desiderio di valorizzare la propria terra, il Cilento. Uva e olive, due autoctonie campane, entrano a far parte della produzione del gruppo, con la creazione di una vigna e di un uliveto. L’accoglienza: si traduce nella costruzione di un secondo albergo, il resort Savoy, oggi gestito dal figlio di Giuseppe, Salvatore Pagano e dalla moglie Cristina Ragni. All’interno del Savoy si trova il ristorante Tre Olivi, mentre l’ultima aggiunta alle offerte è la spiaggia privata, il Beach Club 93. 

Il resort Savoy

Il Savoy vuole affiliarsi a una catena internazionale, non dimenticando l’appartenenza al territorio, patria della dieta mediterranea, inserita nel 2010 tra i patrimoni Unesco. Anche la prima colazione all’interno dei resort è stata modificata per rendere onore alle produzioni del Cilento. Niente prosciutto e formaggio confezionati: al loro posto vengono serviti mozzarelle e yogurt di bufala. E al posto del prosciutto crudo di Parma, ci sono la soppressata, o la salsiccia fatta nel cuore del parco nazionale del Cilento, o il capocollo. Il salmone affumicato norvegese ha lasciato spazio alle alici di menaica, la fonte locale di Omega3. Lo stesso per pane e marmellate. Tutta la produzione ruota attorno alla dieta mediterranea: nel ristorante del gruppo si consuma solo pasta fresca cucinata da massaie che fino ad allora avevano sempre e solo preparato i piatti della tradizione per i nipoti in occasione del pranzo della domenica.

Se l’azienda San Salvatore 1988

In dieci anni di attività ha preso dalla terra il nutrimento e la forza di un patrimonio che risale ai greci, i proprietari intendono restituire al territorio la ricchezza raccolta. «Vogliamo rispettare la terra. Un tipo di coltivazione biologica ne previene l’inaridimento, la preserva dalla desertificazione. Paestum vanta spazi aperti e incontaminati. Non vogliamo nuove costruzioni, abusi edilizi, occupazione di suoli. Negli ultimi vent’anni Paestum è stata dimenticata dalle realtà economiche di primo piano – fattore che si è tramutato in vantaggio sul lungo periodo». Anche all’interno degli alberghi la famiglia Pagano cerca di ridurre le emissioni di Co2 e il consumo energetico. Grazie all’installazione di un impianto fotovoltaico, le strutture si reggono su energia pulita. «Abbiamo costruito un impianto di trigenerazione – continua Pagano –, un generatore a metano che produce acqua ad 80 gradi. Con il supporto di una macchina costruita in Giappone, la temperatura dell’acqua viene ridotta da 80 a 8 gradi. Con questa produciamo aria condizionata. Non abbiamo bisogno di accendere i condizionatori».

Valeria Sforzini

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

SFOGLIA
CONDIVIDI
Facebook
LinkedIn
Pinterest
Email
WhatsApp
twitter X